AFGHANISTAN – 2001 -2016 – di ENRICO PIOVESANA
Un libro indispensabile per chi desidera capire i retroscena di una guerra crudele e devastante.
Da quando aveva preso il potere nel 1996 il Mullah Omar, interprete rigoroso del Corano, aveva dato una speciale licenza temporanea non per l’uso dell’oppio in Afghanistan, ma per la sua esportazione all’estero. Il ricavato serviva infatti al governo talebano per comprare generi di prima necessità dal Pakistan in un Paese che era stato impoverito da dieci anni di occupazione sovietica e dai quattro anni di conflitto civile cui gli stessi talebani avevano posto fine nel 1996 cacciando oltre confine i “signori della guerra” cioè i vari Massud, Dostum, Ismail Khan e compagnia cantante. Ma riassestato un po’ il Paese Omar aveva deciso di farla finita col traffico dell’oppio di cui il Corano proibisce sia l’uso che lo smercio. Per Omar questa decisione era difficilissima perché colpiva soprattutto la base del suo regime cioè i contadini, cui andava peraltro solo l’1 per cento del ricavo del traffico e gli autotrasportatori. Però il grande prestigio di cui godeva in Afghanistan gli permise di prendere questa misura e di convincere i contadini, a volte con azioni assai spicce, a convertire la coltivazione del papavero con altre coltivazioni. Fatto sta che nel 2002 (anno in cui rileva la decisione del 2001) la produzione di oppio in Afghanistan crollò a 185 tonnellate. Oggi ci sono punte di 5.000, 6.000, 7.000 tonnellate l’anno e l’Afghanistan produce il 93% dell’oppio mondiale.
Torino per molti è la città dei Savoia, della Mole Antonelliana, della Juventus,…. Ma non solo
Gli autori con questo libro vogliono mostrare quello che i sindaci che si alternano cercano di nascondere. In pratica, intendono dare voce a quegli altri torinesi che non parlerebbero così bene del Chiampa o di Fassino, coloro che sono sempre più poveri, coloro a cui stanno espropriando la casa o vengono sfrattati, oppure raccolgono ciò che resta alla chiusura dei mercati. Ma anche coloro che si vedono costruire davanti l’ennesimo centro commerciale, oppure si sono visti demolire un edificio storico per farne degli inutili palazzi.
Dalla pagine di questo libero emerge la Torino di oggi: che è tutt’altro che solidale, la Torino della sperequazione, delle banche padrone, dei privati che guidano la mano pubblica, della Torino che si vergogna del proprio passato operaio, della Torino che oggi non è più manifatturiera ma non è neanche qualcos’altro.
Dalla quarta di copertina
Ci sono tante pubblicazioni su Torino, molte delle quali nate in questi anni sulla scia della nuova immagine che Torino ha voluto dare di sé. La Torino della movida e del turismo. La Torino olimpica.
Ma c’è un’altra Torino, sommersa, che si cela dietro le apparenze, che i mass media dimenticano di raccontare, più o meno volontariamente.
Questo libro ha l’ambizione di descrivere questa Torino “altra”.
La Torino degli sprechi legati agli stadi; la Torino senza bussola urbanistica che vara più di 300 varianti al proprio piano regolatore; la Torino dei grattacieli di Piano e Fuksas, che vogliono competere in altezza con la Mole Antonelliana; la Torino del
debito pubblico ingigantito proprio dalle olimpiadi invernali; la Torino che elimina il proprio passato industriale (Grandi Motori, Diatto) e vuole snaturare i propri palazzi storici (Cavallerizza); la Torino dei poveri, dei senza tetto, degli sfrattati e degli immigrati; la Torino del consumo di suolo e degli innumerevoli non-luoghi definiti “centri commerciali”; la Torino che non è più industriale e che non si sa ancora cosa sia.
Torino è anche tutto questo.
E occorre conoscerlo.
INTRODUZIONE di Domenico Finiguerra
Capitolo 1 La città dei tre stadi di Piero Belletti
Capitolo 2 La “città che non c’era” e la Torino che c’è oggi di Emilio Soave
Capitolo 3 Una città infelice: l’altra faccia di Torino. Privatizzazioni, povertà, emarginazione di Fabio Balocco
Capitolo 4 La Torino delle trasformazionidi Paolo Ghisleni
Capitolo 5 La gestione degli eventi culturali nel sistema Torino di Maurizio Pagliassotti
La bandiera del Mozambico è un caso unico al mondo in quanto riporta al proprio interno un kalashnikov che simboleggia la lotta per l’indipendenza e la determinazione nella lotta del popolo. Vicino al mitragliatore appare una stella simbolo della fede nel socialismo, un libro per rappresentare l’importanza dell’istruzione e una zappa per ricordare le origini contadine del popolo. I colori della bandiera sono il verde della terra, il nero dell’Africa, il bianco della pace, il rosso della lotta contro i colonizzatori portoghesi e il giallo dell’oro.
Grande puntata per parlare anche della città di Torino che, ovviamente, non sono solo i gobbi della Juventus ma molto altro !!!
P.S. : Personalmente sono contro Facebook, per cui preferisco di gran lunga visitare il blog (in primis, questo grande blog !) oltre, ovviamente, ascoltare sempre Radio Black Out !
Molto bella la sigla iniziale e finale di Spessore LIVE United Club. Grande Mario ! Per quanto mi riguarda, invece, il mio “esordio” è stato con la pellicola di “ORA E PER SEMPRE” sia come tifoso da sempre del Toro che come piccolo attore protagonista (come comparsa s’intende) nel film del 2004 di Vincenzo Verdecchi.
http://ilmanifesto.info/sotto-la-mole-il-gigante-del-debito/