Colonia cioè uomini e molestie. Cioè il mondo. Religioso.
E poi il Partito Nazionale di torino. Uber alles.
E dei cinghiali si parla martedì prossimo.
e oggi è s.Mario, quindi Santo Subito.
e, no, degli Eagles non me ne fotte un cazzo…
A corredo della trasmissione, un articolo di quei fighetti di Wu Ming che con dispiacere devo riconoscere come molto interessante. Ne metto solo l’inizio (parla del nuovo brillante direttore de la Busiarda), poi fate un cazzo di sforzo e ve lo andate a leggere sul loro sito. Forza, pigri bastardi…
Il razzismo italiano e i fantasmi del deserto, ovvero: 20 sfondoni di Maurizio Molinari (e una nota su Dacia Maraini)
Non possiamo cadere dalle nuvole parlando de La Stampa, giornale del potere FIAT non a caso soprannominato «La Busiarda».
Non possiamo cadere dalle nuvole parlando di un quotidiano che annovera tra le sue firme di punta – per fare un solo esempio – uno del calibro di Massimo Numa, già condannato per diffamazione, più volte apparso in resoconti di vicende poco chiare e sempre coperto dal direttore uscenteMario Calabresi, il quale si è rifiutato di fornire chiarimenti. Lo stesso Calabresi che in questi giorni si sta insediando a Repubblica.
Non possiamo cadere dalle nuvole, e nemmeno isolare La Stampadall’andazzo generale dei giornali e di tutti i media mainstream italiani. Lo squallore e il servilismo sono dappertutto.
Tuttavia, è importante segnalare passaggi di fase, salti di qualità, ulteriori salti in basso e spostamenti a destra.
Il nuovo direttore de La Stampa è Maurizio Molinari, grandissimo frequentatore di studi televisivi, dove è sempre introdotto come «esperto di Medio Oriente».
Tra le altre cose, Molinari è autore di un instant-book sull’ISIS che sembra proprio un grezzo copia e incolla di articoli della stampa internazionale e pezzi di un libro americano sullo stesso argomento. Qualcuno lo ha segnalato, ma Molinari ha fatto finta di nulla. È un uomo di mondo, lui. Ha fatto un anno di militare a Oxford.
Il 10 gennaio 2016, Molinari ha inaugurato il proprio mandato con un editoriale intitolato «Da dove viene il branco di Colonia». Con il pretesto di “spiegare” gli eventi di Capodanno nella città tedesca, il neodirettore si è tuffato in un’ambiziosa ricostruzione storico-antropologica, affrontando molto alla carlona temi ben più larghi delle sue spalle.
Diversi commentatori – ma sempre troppo pochi – hanno esaminato quelle righe, denunciando i numerosi falsi storici e le pseudo-teorie che Molinari ha preso in prestito da apologeti del colonialismo e propagandisti del più vieto razzismo culturale. È un fatto che discorsi del genere, così platealmente ed esplicitamente colonialisti, sulla prima pagina de La Stampa – e quindi in un ambito di accettabilità mainstream – non si vedevano da un’ottantina d’anni.
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